La recente scomparsa di Michael McClure, oltre a essere una grande perdita, considerando il suo contributo diretto al mondo della letteratura, mi ha fatto pensare all’importanza che certe figure hanno avuto anche nel mantenere viva l’attenzione nei confronti di altri artisti che non hanno goduto della stessa considerazione.
Quello che McClure, ad esempio, ha fatto con Jim Morrison non ha prezzo. Entusiasta della sua poesia, lo ha incoraggiato a pubblicarla, lo definito uno dei più grandi poeti (e pensatori) della sua generazione, si è detto certo che le sue opere meritassero piena cittadinanza nel canone letterario dei suoi tempi. Chissà cosa sarebbe venuto fuori dalla loro collaborazione, purtroppo interrotta dalla morte prematura di Morrison. E ha continuato a ricordarlo negli anni, invitando la gente a leggerlo e a studiarlo. Soprattutto, a capirlo.
Di tanto in tanto, con mio grandissimo piacere, alcuni lettori interessati all’opera di Morrison mi chiedono di poter leggere un mio saggio pubblicato nel 2005 su Anglistica Pisana riguardo l’influsso di William Blake su Morrison, ora non più reperibile in stampa. Lo pubblico qui, sperando che possa interessare anche a qualcun altro.
Michael McClure aveva ragione, naturalmente.